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India del nord - trecentotrenta milioni di dèi e un popolo solo

of: Pierpaolo Di Nardo

POLARIS, 2015

ISBN: 9788860591609 , 507 Pages

Format: ePUB

Copy protection: DRM

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Price: 7,99 EUR



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India del nord - trecentotrenta milioni di dèi e un popolo solo


 

Perché un viaggio in India

Il primo principio dell’azione non violenta

è la non collaborazione con tutto ciò che è umiliante.

Mahatma Gandhi

Allora sei stato in India? E che ti è accaduto in India?

Ho fatto un’esperienza.

Quale esperienza?

L’esperienza dell’India.

E in cosa consiste l’esperienza dell’India?

Consiste nel fare l’esperienza di ciò che è l’India.

E che cos’è l’India!

Come faccio a dirtelo? L’India è l’India.

Ma poniamo che io non sappia affatto che cos’è l’India. Dimmi tu che cos’è.

Neppure io so veramente che cosa sia l’India. La sento, ecco tutto. Anche tu dovresti sentirla.

Cosa vuoi dire?

Voglio dire che dovresti sentire l’India come si sente, al buio, la presenza di qualcuno che non si vede, che tace, eppure c’è.

Non ti capisco.

Dovresti sentirla, laggiù, a oriente, al di là del Mediterraneo, dell’Asia minore, dell’Arabia, della Persia, dell’Afghanistan, laggiù tra il Mare Arabico e l’Oceano Indiano, che c’è e ti aspetta.

Mi aspetta per che fare?

Per non fare nulla.

Ancora una volta non ti capisco.

O meglio, per non fare, assolutamente.

Va bene. Ma tu non mi hai ancora detto che cos’è l’India.

L’India è l’India.

Da Una certa idea dell’India

Alberto Moravia

Con quale modesto alfabeto posso tentare di spiegare che cos’è questa esperienza chiamata India? Come posso dare voce a questa sorta di vortice che ci attrae e ci inghiotte senza scampo?

Avventurosi esploratori del deserto del Sahara, leggendari viaggiatori in cerca di popoli mitici nell’Africa nera, Piccoli Principi a caccia di amici, da sempre ci raccontano il mal d’Africa. Ma esiste un altro male, un male buono, buonissimo. Un male buono che entra nell’anima e nel corpo e che non abbandona mai. Un male buono che illumina e riappacifica. Un male buono che diventa parte di chi si avvicina all’India. Ma come posso dire? Come posso spiegare qualcosa che si sente solo con lo stomaco, con i polmoni, con gli occhi?

Ho parole troppo piccole per reggere lo sguardo di una donna indiana. Parole troppo fragili per raccontare la nebbia che scende come un velo sulla campagna mentre la notte morde il crepuscolo. Come raccontare il Mal d’India? Il Mal d’India è lì, all’aeroporto, appena arrivi. Non lo vedi ma c’è. Il Mal d’India si annida fin dal primo giorno in cui ci metti piede in India, tra le case di Delhi o di Mumbai.

Il Mal d’India è nell’aria pesante... monsonica... solida. È nel profumo inebriante di terra spezie uomini. Nelle luci, nei colori, nelle ombre che nascondono e schiudono... Nei bisbigli della gente, nei mercati o nei templi. Il Mal d’India c’è ... e ti cammina dentro. Ferdinand de Lanoye disse: “Vi sono mille porte per entrare in India ma nemmeno una per uscirne”.

È proprio così, fortemente così. L’India è una porta sempre aperta. L’India entra una sola volta nella vita per non uscirne più. Una volta venuti a contatto con l’India non se ne può più fare a meno. Ma allora cos’è che ci attrae di questa India? Cos’è questo Mal d’India che la rende irrinunciabile? Indispensabile. Cos’è che ci attrae a tal punto da non volerne mai venire via quando siamo li e ci spinge a volerci ritornare appena arriviamo a casa? L’India è una porta sempre aperta. Ma la cosa che fra tutte ci attrae è l’incontro con un mondo altro, un mondo assai distante dalla nostra concezione del tempo e della vita, ma vicino all’umano sentire, un mondo in grado di costruire ponti tra noi e noi. Mondo altro significa incontro con l’altro, altro inteso come diverso, come mondo nuovo da scoprire, come mondo che non ha tratti riconoscibili.

Per il viaggiatore che per la prima volta scopre l’India tutto è conoscere: il grande gioco della conoscenza. In qualsiasi luogo ci troviamo a qualsiasi ora del giorno o della notte l’India ci offre una possibilità per conoscere, per confrontarci e per guardare le cose da un altro punto di vista.

Dal punto di vista indiano. Ovvero da sotto in su. Esattamente agli antipodi del nostro modo di vedere. Ed è solo lasciando da parte il nostro punto di vista che possiamo godere del suo splendore.

L’India è la possibilità di fare esperienze altre, ovvero aliene, perché tutto ciò che viviamo e facciamo in India è come un ritorno ancestrale, come una rinascita che ci rende più umani.

Ma l’India è anche l’incontro con una natura primordiale che nella nostra vita di cittadini abbiamo rimosso. Spesso la natura è un concetto relegato al week-end quando possiamo permettercelo. In India invece è il vivere quotidiano, fatto di natura incontaminata, di spazi infiniti, di montagne e di deserti, di fiumi e di oceani, di campagne... e campagne ricchissime.

L’India è il ritorno nella pancia, è un mondo ancestrale che resuscita il primordiale bisogno di spiritualità. Abbiamo esplorato il mondo. Abbiamo conquistato le terre più remote e impenetrabili. Abbiamo già visto e ingurgitato tutto. L’India ci offre la possibilità di esplorare dentro senza cercare più fuori, perché l’India è un viaggio interiore, è “esperienza” (come dice Moravia), esperienza spirituale...

L’India è impadronirsi della possibilità di esplorare la propria anima. L’India è una porta aperta dentro di sé, bisogna intraprendere il viaggio e avere il desiderio di esplorarsi, oltre ai riti e fuori dai templi. Perché non si trova fuori di sé ciò che è nascosto dentro, nella natura dell’uomo.

Il primo impatto non è dei più semplici, come di fronte a tutte le cose nuove. Ma quanti cliché! Quante idee precostituite abbiamo dell’India?

Certo l’India è un Paese anche povero e tutte quelle storie li che abitano il nostro immaginario sull’India. Ma l’India è anche la culla di una cultura millenaria, di filosofie e religioni antiche, del Mahabharata e del Ramayana, di un passato glorioso fatto di Maharaja e guerrieri Rajput, di imperatori Moghul, di ricchezze indescrivibili ammassate nei forzieri e nei palazzi reali, di campagne dai molteplici raccolti all’anno... L’India è tutte queste cose e altre ancora. Ed è anche un Paese povero. Si... anche. Per lasciarsi inebriare dal Mal d’India è indispensabile spogliarsi delle proprie idee preconcette, dei punti saldi, dei canoni di valutazione e dei metri di giudizio che appartengono al nostro mondo, perché in India siamo davvero in un mondo altro. E per fare questo bisogna essere disposti a rinunciare a un pezzo della nostra presunzione civilizzatrice, quella stessa che sempre ostentiamo in giro per il mondo. L’India è una casa accogliente che cambia una volta per tutte l’esistenza. Una possibilità che bisogna concedersi almeno una volta nella vita!

India: macchina del tempo

Oggi l’India ci appare come un museo di storia

nel quale tutte le età dell’umanità

coesistono in un eterno presente

Alain Daniélou

In India non c’è frattura tra il mondo antico e il mondo moderno. Tutto convive: la preistoria con la storia, il medioevo con il rinascimento, l’antico e il nuovo.

La mancanza di frattura tra il mondo antico e il mondo moderno è un’altra delle grandi sorprese dell’India, che ci assale come un pugno allo stomaco... ma un pugno buono.

Arrivando in India, fin dal primo momento, ci rendiamo conto di essere in un Paese moderno del XXI secolo ma nello stesso istante in cui lo pensiamo avvertiamo l’enorme presenza di un sistema sociale, religioso e filosofico, profondamente antico. In India convivono una grande modernità e una grande antichità senza rottura temporale e la sensazione che se ne ricava è di totale stordimento... ma piacevole.

È come aver inventato la macchina del tempo, l’antico sogno dell’uomo. È come vivere in un sogno in cui a piacere possiamo spostare gli anni, cambiare i giorni sul calendario, e decidere di saltare dal 2500 avanti Cristo al 2001 dopo Cristo nel breve giro di uno sguardo, nel breve arco di una manciata di chilometri... Dalle torri sconfinate dei grattacieli delle grandi città, alle torri sconfinate dei templi e delle moschee, e tutto attorno ogni epoca storica che reclama la sua esistenza.

La voce dell’India

Ma ciò che su tutto colpisce è il chiacchierio di sottofondo delle strade dell’India. Un vociare continuo, uniforme, ininterrotto, fatto di lingue e dialetti che si mescolano e danno vita a una lingua indescrivibile e impronunciabile: la voce dell’India.

La voce di migliaia, di milioni, di persone, di gambe che vanno in ogni direzione, di piedi veloci, di sguardi che bucano il muro dell’indifferenza e obbligano al sorriso.

La voce dell’India ti assale già all’aeroporto di Delhi, quando dopo il controllo passaporti un lungo e ampio corridoio recintato, ti proietta nel caldo afoso monsonico come un pugno in faccia. Ed è lì che per la prima volta la senti... La voce dell’India.

E una volta che l’hai sentita non ti abbandona più. Una voce di sottofondo leggero, come una litania. La notte indiana se la mangiano le voci dei tassisti nottambuli in cerca di avventori da scarrozzare in qualche albergo della metropoli; altri ti scrutano e sorridono tra loro, altri commentano di fronte al tuo viso straniero, qualcuno discute animatamente anche nel cuore della notte come se tutto si svolgesse adesso, li, ora. Tutti i suoni si mescolano perché in India tutto è mescolato, lingue, dialetti, alfabeti. E poi te la ritrovi...