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Etiopia - cuore antico dell'Africa nera

of: Massimo Bocale

POLARIS, 2014

ISBN: 9788860591401 , 417 Pages

Format: ePUB

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Price: 7,99 EUR



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Etiopia - cuore antico dell'Africa nera


 

1.1 Natura


Geografia


Poche zone della Terra custodiscono tanti variegati ambienti geologici, naturalistici e storici come l’Etiopia, dove è possibile, seppur ostacolati da condizioni ambientali difficili, scoprirne i segreti, ascoltare la magia della natura che qui è estremamente esuberante e vivere una realtà storico-sociale avvolta tra miti e leggende che si fondono armoniosamente con l’ambiente stesso.

L’Etiopia ha un aspetto morfologico tra i più interessanti e suggestivi d’Africa; questa peculiarità è data dalla notevole varietà del territorio che la contraddistingue e che la rende estremamente affascinante; ha una superficie di 1.128.221 kmq ed è per estensione il nono Paese d’Africa; confina a nord con l’Eritrea e il Gibuti, a est con la Somalia, a sud con il Kenya e a ovest con il Sudan.

Fisicamente l’altipiano etiopico, che rappresenta la sezione altimetrica più elevata delle cosiddette “alte terre d’Africa”, è diviso bruscamente in due dalla grande fossa tettonica della Rift Valley: una profonda cicatrice della crosta terrestre, chiaramente visibile dallo spazio, che si estende per oltre 8.000 km dalla valle del Giordano in Libano al Mozambico ed è fortemente marcata a nord dalla depressione della Dancalia, mentre nel sud è caratterizzata da una serie di laghi che giacciono negli avvallamenti più profondi.

Questo fenomeno tettonico, frutto dell’azione di forze ciclopiche sotterranee, divide il Paese in due parti: a ovest l’acrocoro etiopico (che a nord corrisponde con l’Etiopia storica), mentre a est gli altipiani digradano, con inclinazione costante, verso i bassi tavolati e le pianure dell’Ogaden e i deserti della Somalia. In alcune zone dell’acrocoro, che giace a oriente a 3.000 m e a occidente supera addirittura i 4.000 m, lo strato lavico raggiunge l’eccezionale spessore di circa 2.200 m.

L’attuale conformazione del territorio è il risultato del vulcanismo e dei sommovimenti tettonici parzialmente ancora attivi che si sono verificati nel corso dei millenni. Il complesso rilievo, che costituisce una sorta di fortezza naturale, è stato in seguito ridisegnato dai fenomeni di erosione che causarono nel tempo profonde incisioni nell’altipiano formato da rocce vulcaniche e dalle successive colate laviche che isolarono, per esempio, la depressione della Dancalia dal mare o che sbarrarono alcune valli causando di conseguenza la formazione di laghi endoreici; tutto ciò costituisce uno dei musei naturali più interessanti del mondo per lo studio delle morfologie tettoniche.

Alcuni di questi canyon solcati da serpeggianti fiumi rappresentano per gli Etiopi i confini naturali regionali; infatti, il Tekeze separa Gondar dalle regioni del Tigray e di Wollo; l’Abbay divide il Gojiam da Gondar e dallo Schewa e dal Welega; l’Awash separa l’Harerge dal Wollo e dallo Schewa; il Wabi Shebele funge da confine tra l’Harerge e il Bale; il Genale divide il Bale con il Sidamo mentre l’Omo rappresenta il confine tra il Gamo Gofa e il Kaffa.

Il fiume più famoso dell’acrocoro etiopico è il Nilo Azzurro, più corto di circa 1.800 km del suo gemello Nilo Bianco. Partendo dalle cascate del Tisisat, il Nilo inizia a incidere l’altipiano creando un canyon lungo 650 km che non ha, per maestosità e bellezza, eguali al mondo: basti pensare che in alcune zone l’altezza delle pareti della gola sfiorano, dal letto del fiume alla sommità, i 1.500 m.

Il Nilo Azzurro nasce dallo straripamento del lago Tana, il più ampio lago etiope, ed ha una portata quasi doppia rispetto a quella del suo gemello, ma le vere sorgenti, scoperte dall’inglese James Bruce, si trovano 112 km più in alto sul monte Giese, dove nasce il piccolo Abbay o piccolo Nilo, il principale immissario del Tana.

L’acrocoro etiopico funge da spartiacque tra i bacini del Mediterraneo, dell’Oceano Indiano e del Mar Rosso. L’imponente rete idrografica ha scolpito profonde vallate nelle alte terre settentrionali, dove ha un andamento allineato in direzione ovest/nordovest, sia in quelle meridionali dove segue invece la direzione sudest: i fiumi etiopici, a causa delle forti variazioni di portata dovute alle discontinue precipitazioni, non sono navigabili.

I suggestivi canyon, percorsi durante il periodo delle piogge da impetuosi fiumi, sono racchiusi dalle ambe, i tipici monti tabulari che caratterizzano l’altipiano, con pendii a gradinate e la sommità spianata, priva di vetta a causa dell’azione erosiva dei venti; questi hanno un’altitudine media di 2.000-2.500 m con numerose cime che superano i 4.000 m; la più elevata è il Ras Dascian che, con i suoi 4.620 m, si eleva sul Parco nazionale del Simyen.

Viaggiare in Etiopia vuol dire spesso osservare il mondo dall’alto verso il basso; il panorama più usuale che siamo chiamati ad ammirare è quello che si innalza dal livello su cui camminiamo: nell’acrocoro, invece, succede spesso il contrario: le vallate e i canyon sprofondano in basso suscitando nei viaggiatori nuove e particolari emozioni.

I suoli fertili, anche se vi sono molte zone rocciose di scarso interesse agricolo, si trovano soprattutto nell’altipiano o nelle vallate, mentre i terreni adatti al pascolo sono ubicati soprattutto nella Rift Valley.

Grazie alla vastità dei paesaggi, alle savane dove vivono numerose specie animali di grossa taglia, alla ricchezza morfologica e alle molteplici popolazioni indigene, l’Etiopia è senza dubbio una delle più belle e interessanti regioni dell’Africa e del mondo.

La Great Rift Valley


La Great Rift Valley è uno dei più imponenti e incredibili fenomeni terrestri: è semplicisticamente un oceano in formazione e illustra inequivocabilmente la teoria sulla deriva dei continenti formulata nel 1915 dal geofisico tedesco Alfred Lothar Wegener dopo la pubblicazione de “L’origine dei continenti e degli oceani”, un libro che non ebbe certamente un’accoglienza favorevole. Gli studiosi fanno risalire l’inizio dei movimenti tettonici che portarono alla formazione della Rift Valley all’Oligocene, cioè circa 40 milioni di anni fa: questa attività tettonica che porta all’allontanamento progressivo di due zolle continentali è tuttora in corso ed è dimostrata dalla relativa giovinezza delle rocce che si trovano al suo interno rispetto a quelle dell’altipiano: 3 milioni di anni le faglie secondarie aperte nel periodo più recente sul fondo valle contro i 3 miliardi di anni dei predetti altipiani. Le pareti che delimitano la fossa tettonica formano a volte profondi e suggestivi precipizi come a Bati, altre invece sono più dolci e il salto è meno netto e inciso.

Numerosi vulcani di più o meno recente formazione, alcuni attivi altri estinti da molto tempo, costellano per tutta la lunghezza il tormentato profilo della fossa simili a imponenti sentinelle incaricate di verificare il corretto funzionamento della deriva continentale di quella parte dell’Africa orientale.

Tecnicamente chiamata subzolla est-africana, è delimitata a oriente dal canale di Mozambico e dall’Oceano Indiano e a occidente dalla Rift Valley stessa, che tra qualche milione di anni diventerà un nuovo mare isolando completamente il corno d’Africa dal resto del continente.

Una serie di crateri sono concentrati nella parte centrale della Rift come l’antico vulcano Bishoftu o i più recenti Zouqala, Dofane, Dabita, Gauba e Fantale che si trovano in fosse lacustri, o come i vulcani Ayélu e Abida la cui attività più recente risale al 1928.

Altro interessante cratere dalla spettacolare monumentalità è l’Ertà Ale, uno dei tre vulcani al mondo al cui interno si trova un lago di lava in fusione; situato a circa 100 m dal bordo del cratere, il lago ha un diametro di circa 80 m e la temperatura della lava oscilla tra i 1.100 e i 1.200 °C. Il vulcano alto circa 500 m si trova nell’aspra e calda depressione della Dancalia e come tutti i crateri della zona ha forma ellittica con l’asse maggiore allineato nella direzione della frattura continentale.

Lungo le zone di frattura che si aprirono sul fondo valle della Rift si formarono in tempi antichi alcuni laghi precursori degli attuali, i quali, ridisegnati dagli eventi naturali, subirono delle metamorfosi che lasciarono scoperte antiche terrazze lacustri che divennero alcune salate altre alcaline: i primi ospitano straordinarie e numerose popolazioni di pellicani, cormorani, marabù, tantali, egrette e aquile pescatrici, mentre i secondi sono l’ambiente ideale per fenicotteri che vi dimorano infatti con prosperità a migliaia.

L’altitudine del fondo valle varia sensibilmente da zona a zona: si passa infatti dai 370 m del lago Turkana a sud, ai 1.030 m del Parco nazionale Awash nel centro, ai 120 m sotto il livello del mare della piana di sale di Dallol nell’estremità settentrionale della depressione della Dancalia.

La Dancalia è la quarta depressione al mondo, e viene subito dopo il lago Assal, situato a 153 m sotto il livello del mare, che si trova nell’adiacente Repubblica del Gibuti; il suo aspetto primordiale è dovuto all’intensa attività geologica ancora in atto, e gli epiteti di “apocalittico”, “irreale” e “infernale” sono tra i più adatti a descrivere questo ambiente estremo formato da gas, vapore acqueo e sali minerali gialli che creano concrezioni solforose che assumono sfumature di un verde intenso man mano che l’acqua evapora. Ampia circa 150 kmq, questa depressione chiusa a oriente dai monti Dancali e a occidente dall’altipiano etiopico è una delle zone più inospitali del mondo con una temperatura media dell’aria che raggiunge i 40 °C mentre quella...